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La bioeconomi​a di Nicholas Georgescu-​Roegen Stampa E-mail

Se uno mi chiedesse quale testo leggere per imparare qualcosa di economia dell’ambiente, un insegnamento che da alcuni anni a questa parte si sta diffondendo fra le discipline economiche anche in Italia, suggerirei un libro il cui titolo in italiano potrebbe essere “La legge dell’entropia e il processo economico”, anche se il libro in italiano non è mai stato tradotto. Cadono in questi giorni cento anni dalla nascita del suo autore, un professore di origine romena, Nicholas Georgescu-Roegen (1906-1990); in italiano sono comunque disponibili vari altri suoi libri che spaziano dall’economia agraria, al comportamento dei consumatori, a varie rielaborazione delle idee contenute nel libro fondamentale prima ricordato. Una raccolta dei saggi più “ambientalisti” fu pubblicata da Bollati Boringhieri nel 1998 col titolo “Energia e miti economici”, con una breve biografia.

Georgescu-Roegen ha avuto una lunga vita avventurosa; nato a Costanza, in Romania, vinse giovanissimo una cattedra di statistica nell’Università di Bucarest e, come brillante professore, visitò varie università in Inghilterra e negli Stati Uniti nei turbolenti anni trenta del secolo scorso; nel 1937 rifiutò una cattedra negli Stati Uniti e ritornò in Romania con l’idea di essere utile al suo paese; oltre all’insegnamento diresse il Ministero del commercio estero in un periodo in cui la Romania era corteggiata dai sovietici e dai nazisti per le sue ricchezze petrolifere. Nell’agosto 1944 Bucarest fu occupata dall’esercito sovietico e nel 1944-45 Georgescu-Roegen fu segretario generale della commissione romena per l’armistizio; nel 1948 si trasferì negli Stati Uniti e ottenne una cattedra di economia nell’Università Vanderbilt di Nashville, nel Tennessee, una sede abbastanza decentrata rispetto al circuito delle grandi facoltà economiche americane.

Georgescu-Roegen è stato un economista dissidente, eterodosso; non lo sentirete mai nominare dagli economisti seri ufficiali, perché è andato ad esplorare dei territori di confine fra l’economia, la fisica e l’ecologia e perché da tale esplorazione ha tratto la sua critica, appunto, ai “miti” dell’economia tradizionale. Nella seconda metà dell’Ottocento e nella prima metà del Novecento vari studiosi hanno messo in evidenza alcune analogie fra fenomeni biologici e fisici e fenomeni economici. L’economia è la scienza di come soddisfare i bisogni umani di cibo e di merci, in un mondo, in una società, in cui sono limitati lo spazio, le risorse energetiche e minerarie, la fertilità dei campi, limiti descritti esattamente proprio dalla biologia e dalla fisica. Come è possibile allora far crescere continuamente il benessere, il numero e la massa dei beni materiali, come richiede l’economia, quando esistono degli oggettivi limiti fisici e biologici nelle risorse naturali ? Gli economisti seri rispondono che è possibile perché le risorse dell’ingegno, della scienza, della tecnica, sono illimitate: basta investire denaro e energia per dilatare i beni che la Terra può offrire.

Georgescu-Roegen non è d’accordo ed ha elaborato una sua teoria, che ha chiamato di “bioeconomia”, mettendo in evidenza i vincoli imposti all’economia dalle ineluttabili leggi fisiche della termodinamica, quelle che descrivono la contabilità, la ragioneria, delle trasformazioni dell’energia. E’ infatti l’energia che tiene in moto tutti i fenomeni economici e produttivi, è il flusso dell’energia che sta alla base del flusso di denaro. L’energia, quella del Sole e quella richiesta per fabbricare i concimi e per muovere i trattori, fornisce i raccolti agricoli; l’energia occorre per trasformare i pomodori nella conserva che arriva nei negozi; l’energia occorre per trasformare i minerali in acciaio e per far muovere le automobili e i treni e per far funzionare i computer. Possono cambiare i prezzi del petrolio o dell’elettricità, ma la quantità di energia necessaria per produrre una tonnellata di grano o di plastica o per tenere accesa una lampadina, pur variabile a seconda della tecnologia dei processi o dei prodotti, non può scendere al di sotto di una soglia, fissata dalla fisica. E, una volta usata per un processo, l’energia non si recupera più, non torna più disponibile per rifare lo stesso processo; se ne perde sempre un poco. Si dice che ogni processo trasforma l’energia a bassa entropia in energia a più alta entropia, e l’economia deve fare i conti con questa continua perdita e dissipazione di energia utile, con questo continuo aumento dell’entropia.

Georgescu-Roegen ha ampliato questa visione sostenendo che si deve tenere conto non solo dell’energia, che si degrada sempre, ma anche della materia. Si ha un bel dire sul riciclo dei materiali usati; raccogliere separatamente la carta usata è certamente virtuoso perché si evita di tagliare nuovi alberi per fare nuova carta, ma non ci si illuda del riciclo illimitato. L’atto stesso di usare la carta o un qualsiasi altro bene ne altera e peggiora la qualità; un giornale usato è fatto di carta ma è anche “contaminato” con inchiostri e additivi; quando si ricicla un chilo di giornali si può stare certi che la carta riciclata recuperata sarà sempre meno di un chilo; la differenza è costituita da inchiostri, sporcizia, eccetera. Insomma nel produrre e nell’usare una merce “si perde” sempre un poco, sia dell’energia sia della materia utili. Il messaggio non è di disperazione: è possibile soddisfare i bisogni materiali di cibo, merci, servizi, conoscenza, mobilità, se si tiene presente che le quantità e il tipo dei beni necessari devono essere scelti tenendo conto della disponibilità non solo di denaro, ma di risorse naturali e di energia. La legge dell’entropia stimola, non frena, innovazione e progresso.

Molti ritengono che per la sua opera Georgescu-Roegen avrebbe meritato il premio Nobel per l’economia. Non l’ha avuto ma il suo premio sta nel fatto che ancora oggi è riconosciuto come padre dell’economia ambientale e viene letto e discusso.

Da "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 7 Febbraio 2006

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