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A. Sen su sovrappopolazione e libertà Stampa E-mail

Lo sviluppo è libertà – Perché non c’è crescita senza democrazia, Amartya Sen*

Mondadori, 2001, pp. 226/227: 

"Spesso l’entità del problema della sovrappopolazione viene esagerata, ma esistono comunque buone ragioni per cercare i mezzi e i modi con cui ridurre la fertilità nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo. L’approccio che appare più degno di attenzione comporta uno stretto collegamento fra un intervento pubblico che promuova l’equità fra i sessi e la libertà delle donne (con particolare riguardo a istruzione, assistenza medica e opportunità di lavoro) e la responsabilizzazione delle singole famiglie (tramite il potere decisionale dei genitori potenziali, e in particolare delle madri). Il valore di questa scelta sta nella stretta unione di benessere e ruolo attivo delle donne giovani.

A grandi linee tutto ciò vale anche per i paesi in via di sviluppo, nonostante la loro povertà; e perché non dovrebbe? Sebbene sentiamo spesso ripetere che chi è molto povero non dà valore alla libertà in generale e alla libertà riproduttiva in particolare, i riscontri empirici, nella misura in cui ci sono, vanno senza ombra di dubbio in direzione opposta. E’ chiaro che gli esseri umani danno valore – e per ottime ragioni – anche ad altre cose, ivi compresi il benessere e la sicurezza, ma ciò non li rende indifferenti ai propri diritti politici, civili o riproduttivi.

Sono assai scarsi i dati favorevoli alla tesi secondo cui la coercizione ci permette di ottenere più rapidamente quello che potremmo raggiungere anche con il cambiamento sociale volontario e lo sviluppo. Ma una pianificazione familiare forzata può avere anche altre gravi conseguenze negative, oltre alla violazione della libertà riproduttiva, soprattutto per quanto riguarda la mortalità infantile (e in particolare, nei paesi con pregiudizi antifemministi inveterati, quella delle bambine). E non si riesce a trovare nessun motivo per cui dovremmo violare diritti fondamentali come quelli riproduttivi per ottenere qualche altra conseguenza positiva.

Sul piano dell’analisi strategica, oggi esistono molte ragioni, basate sui confronti internazionali ma anche su contrapposizioni interregionali all’interno dei paesi più grandi, per concludere che l’accesso delle donne al potere (che comprende gli accessi all’istruzione, al lavoro e al diritto di proprietà), unito ad altre trasformazioni sociali come la diminuzione della mortalità, è un efficace fattore di riduzione del tasso di fertilità; ed è veramente difficile ignorare la lezione politica implicita in questi fenomeni. Non solo: il fatto che tali fenomeni siano molto auspicabili anche per altre ragioni (come la riduzione della disparità fra i sessi) ne fa un tema centrale dell’analisi dello sviluppo. Né i costumi sociali – il cosiddetto “comportamento normale” – sono indipendenti dal modo in cui la natura del problema viene intesa e valutata. La discussione pubblica può fare moltissima differenza.

La riduzione della fertilità non è importante solo per le sue conseguenze sulla prosperità economica, ma anche perché un’alta fertilità tende a ridurre la libertà degli esseri umani – e in particolare delle donne giovani – di vivere il tipo di vita che hanno motivo di apprezzare. E’ indubbio che le vite rovinate dal continuo partorire e allevare bambini sono soprattutto quelle delle donne giovani, in molti paesi ridotte, nel mondo attuale, a macchine per far figli. E’ un “equilibrio” che si conserva un po’ perché queste giovani donne hanno scarso potere decisionale in famiglia, un po’ a causa di tradizioni mai messe in discussione che fanno dei parti a ripetizione un destino accettato acriticamente (fino al secolo scorso era così anche in Europa), in cui non viene percepita nessuna ingiustizia. Ma la promozione dell’alfabetizzazione e del lavoro esterno femminile, nonché di una discussione pubblica libera, aperta e bene informata può trasformare in modo radicale gli stessi concetti di giustizia e ingiustizia.

L’idea dello sviluppo come libertà viene rafforzata da questi nessi empirici, dato che, come ormai sappiamo, il problema dell’incremento demografico (al pari di molti altri problemi sociali ed economici) può essere risolto anche rendendo più libere quelle persone i cui interessi sono danneggiati in modo diretto dalle maternità troppo frequenti, cioè le donne giovani. La soluzione del problema della popolazione richiede più libertà, non meno.”

*Premio nobel 1998 per l’Economia.

 

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