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Basta con l'ambiente, parliamo di decrescita Stampa E-mail

Basta con l’ambiente, parliamo di decrescita.

Nell’ultimo, stucchevole, Punto Economia su Notizie Radicali, Piero Capone si esercita in una critica delle posizioni anticapitaliste o antimercatiste. Capone come sempre rivolge i suoi strali polemici ad un avversario ideologico, l’antimercatista, per non dover affrontare il vero problema dell’economia. In un articolo del marzo scorso (cfr NR 668 del 26 marzo 2008) intitolato "Economia e finanza: la termodinamica ha sempre l’ultima parola", cercavo di abbozzare un ragionamento economico basato sulla realtà fisica del mondo. Non mi aspettavo grandi adesioni, ma neppure silenzio. Si capisce le difficoltà di chi è sostanzialmente analfabeta in Scienze Naturali nel rimettere mano ad una forma mentis stagionata; tale difficoltà non è comunque superiore a quella di chi è analfabeta in Scienza Economiche e tenta un possibile dialogo. Il problema è la volontà di affrontare un dibattito interdisciplinare e collocarlo in ambito politico. Ho capito ormai che la volontà manca perché anche solo il sapore del richiamo alla realtà fisica mette i brividi ai cantori del libero mercato. La semplice idea che il pianeta sia un sistema nel quale non si può immaginare una crescita economica infinita contraddice le basi dell’ideologia economica imperante. I limiti della crescita sono purtroppo un fatto, in assenza di nuovi pianeti abitabili da conquistare. Il sistema costruito negli ultimi due secoli sta arrivando a “capirlo” nel solo modo possibile l’impatto con la realtà. Il collasso finanziario è certamente aggravato dalla finanza di carta, ma è determinato dallo stallo economico imposto dal rallentamento del flusso di energia facile che ha sostenuto negli ultimi decenni, il contenuto oggettivo e soggettivo del sistema economico: il globalismo industriale e commerciale e la fiducia nella crescita infinita. L’illusione aveva raggiunto livelli inimmaginabili e il crunch non può che essere drammatico. L’intero panorama dell’informazione è un florilegio di catastrofismo: siamo sull’orlo dell’abisso è la frase più usata. Ancora una volta mi meraviglio del fatto che pochi utilizzino nei confronti del catastrofismo economico gli epiteti più o meno irridenti usati contro le cassandre ecologiche. Ma non importa. Ciò che importa dire in questo momento è che alla fine ciò che sembrava separato appare unito. Non è più: Ambiente - Economia - Società e ognuno si eserciti nel suo campo senza sconfinamenti. Tutto si mescola e tutto si confonde come suggerivamo noi di Rientrodolce quando cercavamo di attirare l’attenzione sugli effetti del metabolismo socio-economico umano e sulla necessità di trovarne una politica di governo globale. Lo specialismo (la dittatura intellettuale di coloro che sono competenti in un ambito tanto ridotto da scomparire) ha tentato di farci apparire non come i generalisti che siamo (e a quale prezzo lo siamo diventati) ma come dei generici divulgatori di veleni anticapitalisti, antimoderni e antindustriali. Demografia, finanza, economia, energetica, ecologia, sono un tutt’uno e non possono essere affrontate senza accettare la contaminazione. Al di fuori di questo, personalmente, vedo solo un triste e ottuso conformismo che riuscirà forse a nascondere la sua inutilità per qualche tempo, ma non servirà ad aiutare il sistema ad uscire dalla crisi in corso. Per questo io credo che gli “ecologisti” radicali dovrebbero, in attesa del prossimo congresso di RI, prepararsi rifiutare il progetto di una Commissione Ambiente nella quale ghettizzare se stessi e le proprie idee e convergere interamente con la propria forza (o debolezza non importa) nel dibattito economico. Nel dibattito economico del partito deve entrare una volta per tutte il tema del governo politico dell’inevitabile decrescita. Decrescita demografica, e decrescita economica come contrazione volontaria degli input e degli output materiali del metabolismo socio-economico. Dal 2003 ho tentato senza successo di instaurare un dibattito politico con l’anima economicista del partito, questa volta ci devono rispondere. Il nulla di questo grigio conformismo economico, magnificamente espresso da Capone con la trita cadenza finale liberal-liberista, non è più tollerabile.

Luca Pardi

6 Ottobre 2008

COMMENTO DI GUIDO BIANCARDI

COMMENTO DI GIULIANO GUIDI

ARTICOLO DI PIERO CAPONE (CON RISPOSTA A PARDI)

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