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Crisi economiche e sovrappopolazione: l'illusione economicista Stampa E-mail

Dopo la crisi del ‘29 J. M. Keynes propose l’intervento dello Stato , la regolamentazione e l’indebitamento pubblico per far ripartire l’economia, assicurando allo stesso tempo distribuzione delle risorse e giustizia sociale. La politica economica keynesiana sostenne l’economia di guerra (tra cui la necessità di produzione delle armi e munizioni) durante il secondo conflitto mondiale. Già sul finire degli anni sessanta, dopo il boom economico del dopoguerra, la politica di intervento pubblico ( definita economia mista per il fatto che molte imprese erano di proprietà pubblica) cominciò a mostrare i limiti in quanto incapace di assicurare lo sviluppo. Da una parte infatti l’impresa pubblica era incapace di rinnovarsi, fino a trasformare le imprese pubbliche in enormi carrozzoni inefficienti e dispendiosi, dall’altra la necessità di stampare denaro per far fronte alle crescenti spese dello stato e per sostenere le politiche sempre più gravose del welfare, portava all’inflazione, alla perdita del potere d’acquisto, alla mancanza di sviluppo e a nuova povertà. Si generò non solo la stagnazione economica, ma per la prima volta nella storia , la contemporanea presenza di recessione e inflazione. In genere infatti l’inflazione caratterizzava le economie in espansione, mentre in quelle in stagnazione si verificava la deflazione. Dunque l’interventismo statale keynesiano aveva creato un nuovo mostro economico e sociale mai visto prima: la STAGFLAZIONE, cioè la contemporanea presenza di una grave recessione con una pesantissima inflazione. Siamo negli anni settanta del secolo scorso e gli economisti keynesiani erano con le spalle al muro, alla ricerca di teorie e strategie per uscire fuori dalla crisi.
Fu allora che si rivalutò il pensiero di un economista che si era sempre opposto a Keynes, il Professor Von Hayek, il quale aveva sempre denunciato i pericoli dell’intervento statale e del welfare portato all’estremo. Egli proponeva una ricetta basata su quattro idee base: 1) meno Stato con privatizzazione delle imprese pubblice. 2) Deregulation. 3) Riduzione delle aliquote fiscali. 4) Moneta stabile. Una carismatica donna conservatrice inglese giunta al potere in Inghilterra, la Tatcher, impose le nuove regole al suo paese imprimendo una svolta storica all’economia mondiale. Contemporaneamente Von Hayek otteneva il premio Nobel per l’economia. Negli Usa saliva al potere un altro liberista, il presidente Reagan, che rendeva mondiale la rivoluzione del libero mercato, della riduzione delle tasse, di meno stato e più libertà. Seguì una rivoluzione epocale mai vista nella storia: la caduta del comunismo e del muro di Berlino, la globalizzazione dei mercati, il trionfo monetarista e del potere finanziario. Paesi per anni vissuti ai margini dell’economia divennero nuove potenze economiche e produttive come la Corea del Sud, altri paesi asiatici, Taiwan, la Cina stessa e perfino l’India. Il vento liberista si espanse in tutta l’europa dell’est ex comunista. Ma la mancanza di regole nazionali e internazionali fece crescere a dismisura i mercati finanziari senza una corrispondente crescita della base materiale produttiva e dell’economia reale. Gli Stati seguirono solo in parte le teorie neo-liberiste, in particolare mancarono di tagliare fino in fondo le spese dello Stato e il welfare, e ciò portò ad un forte indebitamento pubblico delle principali economie occidentali, con ricorso sempre più massiccio a prodotti finanziari. Si crearono così bolle finanziarie caratterizzate da prodotti tossici basati sul nulla . Mancò una adeguata guida internazionale ai processi economici come era avvenuto con Bretton Wood subito dopo la guerra. Nel 2007-2008 la bolla finanziaria è esplosa facendo fallire banche e mettendo sul lastrico risparmiatori e investitori e dando luogo ad una crisi economica gravissima che sta sfociando in una grave recessione.
Che cosa accomuna le grandi crisi economiche del ’29, degli anni ’70 e quella odierna? Alla base c’è l’illusione economicista, cioè che il mondo intero nella sua complessità sia riducibile all’economia, e che basti quindi assicurare lo sviluppo economico in ogni sua declinazione (sia statalista che liberista) per avere un mondo migliore. E’ la stessa cosa della illusione politicista, cioè che con semplici tecniche politiche di intervento sociale sia possibile assicurare lo sviluppo sociale e il benessere. L’illusione economicista non ha considerato che il terreno materiale su cui l’economia doveva intervenire non era affatto un territorio vergine e infinito su cui agire senza limiti e indiscriminatamente. Al contrario ogni politica economica doveva essere inquadrata in un contesto ambientale che negli ultimi secoli, ma in particolare negli ultimi decenni era divenuto sempre più fragile e precario. Nel ’29 l’economia e la produzione dovevano far fronte a poco più di un miliardo di persone. Oggi l’economia deve funzionare in presenza di un mondo di sette miliardi e più di umani. E’ cambiato tutto, ed il pianeta non è più quel territorio in gran parte incontaminato da civilizzare, ma un contesto ambientale degradato in cui le attività umane hanno stravolto ogni aspetto materiale, di risorse, di estetica, di vivibilità, di salubrità, fino a mettere in pericolo la sviluppo, la qualità di vita degli uomini e la sopravvivenza stessa del pianeta. In pochi decenni abbiamo bruciato miliardi e miliardi di tonnellate, una quantità inimmaginabile di idrocarburi, accumulati nel sottosuolo per milioni di anni –dilapidando la riserva energetica che avrebbe dovuto bastare per centinaia di anni, ed inquinando la terra, le acque e l’aria del pianeta in maniera irreversibile. Nella follia del potere smisurato dell’uomo, nazioni e Stati hanno dato luogo a produzioni di materiali ed estrazioni dal sottosuolo e dall’ambiente di minerali altamente tossici che hanno avvelenato l’ambiente in maniera irreversibile. Nel delirio che il potere economico andasse insieme con la potenza militare , negli ultimi sessanta anni, nazioni e Stati di ogni colore di destra e di sinistra hanno fatto esplodere nell’atmosfera centinaia di ordigni nucleari disperdendo scorie radioattive a testimonianza della stupidità dell’Homo Sapiens Sapiens. Abbiamo creduto che l’economia e la politica sociale potessero tutto, dimenticandoci che là fuori, fuori dalla ristretta ottica dell’antropocentrismo, il pianeta era sempre più intossicato, con territorio e risorse in esaurimento, soggetto ad una pressione di una massa umana sempre più gigantesca e insostenibile per le piante, gli animali e l’ambiente residuo. E’ ovvio che bisogna rivedere e cambiare le economie di libero mercato o stataliste basate sullo strapotere dell’uomo e sulla negazione della natura, dobbiamo creare nuovi modelli economici in cui si torni ad una ruralità che negli ultimi decenni era stata abbandonata, si fermi il consumo di territorio e la cementificazione, si intensifichi la ricerca su tecnologie eco-compatibili. Ma soprattutto bisogna fermare subito, il più presto possibile, la crescita demografica e puntare su strategie di rientro dolce verso l’obiettivo dei due miliardi di umani.

Agobit

Tratto da http://sovrappopolazione.blogspot.it/2012/01/crisi-economiche-e-sovrappopolazione.html

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