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22 dimensioni del problema demografico Stampa E-mail

Da www.luigidemarchi.it

22 dimensioni del problema demografico

Frugando nella mia libreria mi è capitato per le mani uno dei primi rapporti del Worldwatch Institute di Lester R. Brown, pubblicato una ventina di anni fa e intitolato significativamente “22 dimensioni del problema demografico”.

Come sapete io chiamo la sovrappopolazione “la madre di tutte le tragedie contemporanee” e indico tra i suoi effetti rovinosi la guerra, la fame, la sete,la disoccupazione di massa, la povertà, l’inquinamento e le migrazioni disperate. Ma i mostri generati dalla sovrappopolazione sono ben più numerosi e, già vent’anni fa, Lester Brown ne poteva indicarne ben 22: dall’analfabetismo al crollo della pesca oceanica, dalla scomparsa dei parchi naturali all’inquinamento, dall’inflazione alle malattie ambientali, dai cambiamenti climatici alla cronica carenza di abitazioni, dalla desertificazione all’urbanizzazione, dall’estinzione di molte specie alla scomparsa di alcuni minerali rari e necessari, dal degrado dei servizi sanitari alla crisi energetica e a quella dei diritti umani.

Non erano fantasie. Per esempio sul problema dell’analfabetismo e dell’istruzione il rapporto diceva: “I paesi coi massimi tassi di natalità sono anche quelli che hanno minori risorse da investire nell’istruzione. Oltre a una carenza di fondi, nei paesi più prolifici la distribuzione piramidale delle classi d’età comporta spesso un aumento insostenibile del numero degli scolari in rapporto a quello degli insegnanti, col risultato che molti governi un tempo impegnati ad assicurare a tutti l’istruzione primaria hanno silenziosamente abbandonato questo fondamentale obiettivo”. E, ancora, a proposito del pescato oceanico, il rapporto segnalava che mentre tra il ‘65 e il ‘70 il pescato era aumentato del 35%, tra il ‘70 e il ‘73 esso era diminuito di circa 35 milioni di tonnellate, col risultato che la disponibilità pro-capite di pesce era diminuita dell’11% nel triennio, producendo drammatici aumenti dei prezzi.

Purtroppo in questi ultimi anni, nonostante, anzi forse proprio per, il formidabile potenziamento delle flotte pescherecce e delle loro tecnologie, il totale del pescato oceanico è crollato paurosamente, svelando che l’insaziabile e irresponsabile rapina umana (dovuta alla crescente domanda alimentare) aveva ormai largamente superato le capacità riproduttive del patrimonio ittico.

L’affollamento urbano dovuto all’esodo di moltitudini affamate dalle campagne, era indicato già vent’anni fa da Lester Brown come un tragico problema da affrontare anche con la regolazione delle nascite. Nulla si è fatto e oggi Città del Messico ha 18 milioni di abitanti e Il Cairo 24 milioni, in gran parte stipati in miserabili bidonvilles. In Bangladesh, l’esplosione demografica ha spinto milioni di persone a occupare isole, costiere e depressioni un tempo disabitate per il pericolo delle inondazioni e già nel 1970 venivano segnalate 168.000 vittime per una violenta mareggiata nella zona costiera. In Ghana il sovraffollamento delle abitazioni è quadruplicato toccando le ventuno persone per stanza nella città di Kumasi.

Nell’ottimo volumetto di Lester Brown mancavano due “dimensioni” del problema della sovrappopolazione che, nell’ultimo decennio, sono divenute drammatiche: le migrazioni di massa e il terrorismo. Come ho già ricordato spesso, l’esodo dai paesi sottosviluppati ai paesi industrializzati, che minaccia ormai di travolgere le società liberali, è ovviamente l’onda d’urto della bomba demografica del Terzo Mondo, anche se nessuno, tra i nostri molti specialisti e “maestri di giornalismo”, lo dice mai. Pur di scampare alla fame, migliaia di persone rischiano (e trovano) la morte in mare o nei containers. Più complessa, ma non meno determinante, è la connessione tra esplosione demografica e terrorismo. Anzitutto va ricordato che il mondo islamico, grazie alla sua ossessiva sessuofobia e misoginia, registra il più alto tasso di natalità del mondo intero. Questa spaventosa prolificità, che noi europei stiamo importando spensieratamente col permessivismo immigratorio, ha prodotto un crollo del 60% del reddito pro-capite negli ultimi vent’anni, nonostante le grandi rendite petrolifere di molti di quei paesi (peraltro distribuite nel modo più iniquo dai loro reggitori islamici), e reso impossibile l’investimento della metà del Prodotto Interno Lordo nelle infrastrutture abitative, scolastiche, agricole e idriche indispensabili per provvedere ai bisogni primari d’una popolazione in così rapida crescita. Questa disperata povertà ha indotto le popolazioni ad appoggiarsi sempre di più, per il mantenimento e l’istruzione dei figli, alle scuole coraniche, che sono proliferate a migliaia negli ultimi anni coi miliardi degli sceicchi (tra cui Bin Laden) ed hanno potuto estendere a milioni di bambini e ragazzi il loro indottrinamento al fanatismo, vivaio dei terroristi e dei kamikaze.

Ciò che mi interessava evidenziare oggi, comunque, è che già vent’anni fa un esperto internazionalmente famoso di problemi ambientali documentava le ripercussioni molteplici e rovinose dell’esplosione demografica in atto. Chi voleva sapere e agire, quindi, aveva già allora tutti gli elementi di giudizio. Anzi, per quanto mi riguarda, sia pure senza l’immensa documentazione fornita dal Worldwatch Institute, avevo già cominciato oltre quarant’anni fa a segnalare quella tremenda minaccia.

Ma tutto è stato vano. E questo sistematico rifiuto di ascoltare la voce della scienza e del buon senso ci dimostra inconfutabilmente che siamo in presenza di un fenomeno patologico che in psicologia viene definito “rimozione”, cioè cancellazione di una realtà troppo temuta e osteggiata. Insomma, come ho altre volte sottolineato, il vero dramma della bomba demografica non è la bomba in sé, ma il rifiuto di vederne gli effetti atroci e di prevenirli con un’adeguata regolazione della natalità. E questo rifiuto, pur nascendo da fattori psicosessuali (i tabù), si è esteso poi a tutti gli opportunisti del mondo politico e scientifico, cioè alla maggioranza di quel mondo.

A questi fattori centrali si sono infine aggiunti quelli che Freud chiamava gli “utili secondari della nevrosi”: le religioni dogmatiche hanno avuto, grazie alla miseria prodotta dalla prolificità, abbondanza di giovani da indottrinare e trasformare in sacerdoti (o, nell’Islam, in terroristi) dei rispettivi culti, mentre i fanatismi politici hanno avuto abbondanza di carne da cannone per le rispettive guerre e rivoluzioni.

Insomma, la superiorità dell’approccio psico-politico rispetto a quelli tradizionali è dimostrata dal fatto che esso può spiegarci il carattere trasversale che la rimozione del problema demografico ha avuto nei più diversi gruppi politici e religiosi (dai nazisti ai comunisti, dagl’islamici ai cattolici, dai liberisti agli statalisti) nonostante i loro feroci antagonismi ideologici, teologici ed economici.

Luigi De Marchi, 15/06/2007

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