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FINO A QUANDO? FINO A CHE PUNTO?

Il recente articolo de 'Il Secolo XIX' relativo agli ultimi dati ONU sulla demografia umana (che prevedono ben 9 miliardi di terrestri nel 2050) e in particolare il titolo dato all'articolo stesso ("Il mondo perderà 50 milioni di bambini") costituiscono solamente l'ultimo episodio-spia del principale tabù dell'età moderna e contemporanea: quello demografico; solo pochi giorni prima, ad esempio, si era infatti registrato il (prevedibile) coro generalizzato di soddisfazione alla notizia del raggiungimento della quota-record di 60 milioni di residenti in Italia... Solamente in un passo dell'articolo del Vostro giornale affiora una chiara consapevolezza dei problemi legati alla crescita demografica e al sovraffollamento*.

Di fronte a una crescita così "esplosiva" (basti pensare che solo due secoli fa la popolazione umana mondiale raggiungeva il primo miliardo di individui) e riguardante specialmente i Paesi poveri, infatti, sorge spontanea una domanda semplice semplice, cruciale ma generalmente ignorata quando non manifestamente censurata: esiste un limite alla 'capacità di carico' ecologica e socio-economica di un dato territorio (l'Italia possiede già ora una elevata densità media di abitanti/kmq) e dell'intero pianeta, a tutt'oggi l'unico concretamente a disposizione per le molteplici esigenze umane?

E inoltre: se alla precedente domanda è necessario (come risulta scientificamente indubitabile) dare una risposta affermativa, come/dove fissare questo importantissimo limite?
 
Viceversa, la vecchia/nuova "santa alleanza" tra il tradizionale natalismo "selvaggio" di matrice religiosa (sostanzialmente materialistico e ormai anche antropologicamente insostenibile) e l'analogo natalismo di matrice politico-nazionalistica, a cui più recentemente si è aggiunta la spasmodica ricerca/creazione di sempre nuove quote di consumatori da parte delle grandi forze economico-capitalistiche, non solo esige la cancellazione pressochè totale delle due domandine poc'anzi delineate, come se la popolazione (umana) potesse allegramente continuare a crescere "ad infinitum", ma anche produce in Paesi come quello italiano lamentazioni assortite per l'andamento del tasso nazionale di natalità (ritenuto troppo basso) e costanti richieste di urgenti e drastiche misure pubbliche volte a incrementarlo!

Al di là delle (probabilissime) radici psicologiche di tali atteggiamenti, dunque, a quanto sembra gli attuali e tutt'altro che marginali guai economico-sociali (per tacere di quelli ecologici), sono considerati insufficienti: si ritiene opportuno che fame, sete, miseria, disoccupazione, migrazioni internazionali, (potenziale) criminalità, ecc. aumentino ancora!

Resta da chiedersi: fino a quando? fino a che punto?

Claudio Pestarino

NOTE

*Il passo è il seguente: "Ma per una volta che le statistiche non sono catastrofiche, meglio godersele e concedersi un certo ottimismo: è vero che nei prossimi 50 anni la popolazione continuerà ad aumentare, inquinando e affollando ancora di più il mondo, e specialmente nelle zone già sovrappopolate. Ma è anche vero che la riduzione della natalità dovrebbe poi consentire, man mano che noi 85enni ci faremo da parte (con molta calma...), una successiva diminuzione della popolazione stessa".

Non condividiamo ovviamente questa visione ottimista e attendista, però apprezziamo in questo passo la consapevolezza dei problemi legati alla sovrappopolazione e l'auspicio del "rientro dolce" della popolazione mondiale.

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