Home arrow Documenti arrow Una strategia per il clima basata sulla popolazione
Una strategia per il clima basata sulla popolazione Stampa E-mail

Da www.oilcrash.com/italia/opt_0507.htm

UNA STRATEGIA PER IL CLIMA BASATA SULLA POPOLAZIONE

Un'informativa di Optimum Population Trust

Nel 2007 il mondo ha finalmente aperto gli occhi sul cambiamento climatico. Non li ha però aperti su una delle sue cause fondamentali: la crescita della popolazione.
Il ruolo chiave della popolazione nel cambiamento climatico è ampiamente riconosciuto nei circoli scientifici. L’inglese Hadley Centre for Climate Prediction and Research afferma: «I fattori principali che hanno provocato l’impennata nelle emissioni di CO2 sono due: a) la crescita della popolazione… e b) la crescita dell’impiego pro capite d’energia»
[1]. Il rapporto Stern (2006) elenca la crescita della popolazione tra le quattro cause trainanti dell’aumento delle emissioni: le altre cause sono la crescita economica e l’intensità d’uso del carbonio e dell’energia in campo economico. Nel 2006 il Primo Ministro Tony Blair ha detto che era «ora evidente che le emissioni di gas serra, associate all’industrializzazione ed alla crescita economica da parte di una popolazione mondiale cresciuta di sei volte in 200 anni [corsivo aggiunto], sta provocando il riscaldamento globale ad un ritmo insostenibile»[2]. La formula di Kaya, ampiamente usata e presentata per la prima volta all’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) del 1990, descrive le emissioni come il prodotto di quattro variabili: numerosità della popolazione, livelli di consumo e efficienza nell’uso del carbonio e dell’energia.
Le politiche per affrontare il cambiamento climatico, per contrasto, ignorano quasi completamente il fattore popolazione: esso è considerato troppo delicato e controverso. La zona d’ombra si estende dagli studi ufficiali come lo Stern, nonostante la sua analisi delle cause, alle agende dei gruppi che si occupano di ambiente e sviluppo. Il risultato è che nell’intera società civile e nel governo esiste un tabù di fatto. Ciò ha avuto tre conseguenze. Primo, la pianificazione delle politiche si è concentrata esclusivamente sulle soluzioni tecniche ed economiche — tasse, norme, energie rinnovabili, tecnologie “verdi”. Secondo, le coppie che prendono decisioni circa le dimensioni della famiglia agiscono credendo che quelle decisioni siano un questione strettamente personale: vengono a mancare il dibattito pubblico e la consapevolezza che avrebbero potuto incoraggiarli a pensare alle implicazioni delle loro scelte per i propri concittadini e per l'ambiente più in generale. Terzo, una strada importantissima per ridurre l’impatto potenzialmente catastrofico del cambiamento climatico viene completamente ignorato.
La strategia personale più efficace nei confronti del cambiamento climatico consiste nel limitare il numero dei propri figli. La strategia nazionale e globale più efficace contro il cambiamento climatico consiste nel limitare le dimensioni della popolazione. La limitazione della popolazione dovrebbe quindi essere intesa come la più efficace ed economica strategia di compensazione del cambiamento climatico a disposizione degli individui e delle nazioni — una strategia che può essere applicata con ancor maggiore efficacia alle nazioni sviluppate come l’Inghilterra, a causa dei maggiori livelli di consumo.
Una persona che non esiste non ha un’impronta ecologica: il “risparmio” di emissioni è istantaneo e totale. Dato un arco vitale di 80 anni e un’emissione annuale pro capite di 9,3 tonnellate di CO2
[3] ogni inglese “in meno” — ogni nascita evitata di un nuovo inglese — comporta un risparmio di 744 tonnellate di CO2, emissioni equivalenti a 620 viaggi di andata e ritorno da Londra a New York[4]. Il rapporto Stern stima il costo sociale della CO2 a 62,50 euro per tonnellata: ogni inglese del quale si eviti la nascita costituisce pertanto un risparmio per la società di oltre 44.000,00 euro. Un profilattico da 0,50 euro, che usato una volta potrebbe evitare tale costo, presenta un margine di profitto spettacolare — circa 9.000.000%. Per contrasto, i costi dovuti alle emissioni dei dieci milioni di persone in più che si prevede vivranno in Inghilterra nel 2074 supererebbe i 440 miliardi di euro.
Una strategia contro il cambiamento climatico basata sulla popolazione ha molti altri vantaggi. Un numero minore di persone comporta una minore necessità di risorse, il che significa meno effetti ambientali negativi rispetto a quelli implicati da una strategia interamente fondata sulla tecnologia — dalle torri eoliche inserite in paesaggi di pregio, alle coltivazioni finalizzate all’ottenimento di biocombustibili su terreni necessari per produzioni alimentari, a una possibile nuova era nucleare. Impatti di questo genere sono molto consistenti. Secondo le proiezioni minime aggiornate circa l’energia e la CO2 pubblicate nel giugno 2006 dal Department of Trade and Industry, l’Inghilterra nel 2050 sarà popolata da 70 milioni di persone organizzate in 36 milioni di famiglie. A metà 2005, la popolazione ufficiale inglese contava 60,2 milioni di persone organizzate in 24,9 milioni di famiglie. Si dice che la centrale nucleare di Sizewell B fornisce energia elettrica per oltre 1,5 milioni di case
[5], una moderna torre eolica da 1,8 megawatt ne fornisce per oltre 1000 famiglie[6]. Anche solo il fornire elettricità a basse emissioni di CO2 per gli 11 milioni di famiglie aggiuntive inglesi previste per il 2050, pur basandosi sui dati forniti dalla stessa industria della produzione elettrica, significa costruire sette ulteriori centrali atomiche come quella di Sizewell B, o altre 10-11.000 torri eoliche (attualmente in Inghilterra ci sono otto centrali nucleari e meno di 2000 torri eoliche).
Inoltre, una strategia per il clima basata sulla popolazione richiede meno di quelle tasse, regole e altre limitazioni della libertà e della mobilità personale oggi previste come risposta al cambiamento climatico — tasse sugli spostamenti, aggravi per la congestione del traffico, limitazioni all’uso dell’acqua, razionamento dei combustibili che danno luogo a emissioni di CO2. E dal momento che l’adattamento tecnologico sarebbe meno urgente se la popolazione fosse stabile o in calo, i costi economici della transizione a un clima stabile sarebbero inferiori e la transizione stessa sarebbe più graduale. In sintesi, una strategia per il clima basata sulla popolazione sarebbe più semplice, rapida, economica, libera ed ecologica.
Il rapporto Stern, per esempio, stima i costi delle infrastrutture “a prova di clima” per i Paesi OCSE intorno ai 111 miliardi di euro all’anno, e gli investimenti a bassa emissione di CO2 nei Paesi in via di sviluppo intorno ad almeno 15-22 miliardi di euro l’anno. Quel rapporto caldeggia anche un aumento da due a cinque volte in tutto il mondo degli incentivi a favore delle tecnologie a bassa emissione di CO2 rispetto al livello annuale corrente di 25 miliardi di euro. I costi per la pianificazione familiare sarebbero notevolmente inferiori. Eppure, i finanziamenti internazionali per la pianificazione familiare — che porta molti altri benefici come minor mortalità infantile e per parto, crescita economica e alleviamento della povertà — nei Paesi in via di sviluppo sono stati in realtà dimezzati, portandoli da 534 a 267 milioni di euro all’anno tra il 1995 e il 2003
[7].
L’impatto sul clima della crescita della popolazione è enorme. Basandosi su emissioni medie pro capite di 4,4 tonnellate di CO2 nel 2050 (lo scenario “medio-basso” dell’IPCC, 2001), la crescita della popolazione mondiale di 2,5 miliardi entro quella data, da 6,7 a 9,2 miliardi
[8], comporterà emissioni aggiuntive di CO2 per ulteriori 11 miliardi di tonnellate all’anno. Gli Stati Uniti emettono 5,9 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno[9], per cui la crescita della popolazione globale prevista entro il 2050 equivale, in termini di emissioni di CO2, all’arrivo sul pianeta di quasi due nuove Americhe, oltre due Cine[10], 10 Indie[11] o 20 Inghilterre[12]. In altri termini, se anche al mondo si riuscisse a tagliare le emissioni del 52% rispetto ai livelli del 1990[13] entro il 2050 — risultato non molto distante dagli obiettivi indicati dall’IPCC — tale risultato verrebbe vanificato dalla crescita della popolazione.

Conclusione

Una strategia puramente tecnologica per mitigare il cambiamento climatico implica, per il futuro prevedibile, un crescente intervento da parte dello Stato tanto nel mercato quanto nelle libertà individuali, con tutte le tensioni sociali che ciò potrebbe comportare. Data la natura della democrazia, il risultato di una simile strategia sarebbe incerto. Le “strategie” inglesi relative al cambiamento climatico (a partire dagli anni ‘90), con obiettivi proclamati e poi lasciati cadere o non raggiunti per via delle pressioni politiche, costituiscono un modello di quel che potrebbe accadere in futuro. Ma il cambiamento climatico è anche una questione che riguarda domanda e disponibilità (nel caso dell’energia). L’attuale approccio alla mitigazione dà risalto ad una delle due metà dell’equazione (la disponibilità), praticamente ignorando l’altra metà (la domanda). Esso è basato su due metodologie d’approccio che un tempo costituivano un anatema per i gruppi di pressione ambientalisti: le soluzioni tecniche e il prevedere per provvedere. OPT sostiene che sebbene le tecnologie più favorevoli all’ambiente e la riduzione dei consumi abbiano un ruolo vitale, il trattare la crescita della popolazione come un “dato di fatto” — ovvero come qualcosa su cui non si ha alcun controllo — indica mancanza di coraggio e di capacità direttiva di fronte ad un’emergenza planetaria. Tale atteggiamento non porterà ad aumentare la consapevolezza della gente circa il modo in cui le decisioni inerenti le dimensioni della propria stessa famiglia possono avere conseguenze potenzialmente devastanti per l’ambiente; lo stesso ambiente nel quale i figli di quelle famiglie dovranno crescere. Il mondo — e l’Inghilterra — hanno bisogno di prendere sul serio il fattore popolazione.

NOTE E RIFERIMENTI

[1] Climate change and the greenhouse effect, 2005.
[2] Foreword, Avoiding Dangerous Climate Change.
[3] Dato provvisorio, Defra 2006.
[4] 1,2 tonnellate di CO2 per viaggio.
[5] British Energy.
[6] British Wind Energy Association.
[7] Return of the population growth factor, All Party Parliamentary Group on Population, 2007
[8] Proiezione media, Nazioni Unite 2007.
[9] Dati del 2004, Energy Information Administration.
[10] 4,7 miliardi di tonnellate, EIA 2004.
[11] 1,1 miliardi di tonnellate, EIA 2004.
[12] 0,56 miliardi di tonnellate, Defra 2006.
[13] 21,4 miliardi di tonnellate.

Optimum Population Trust

Tel: 07976 370221 – www.optimumpopulation.org  – info@optimumpopulation.org
Registered charity No: 1114109 – Company limited by guarantee No: 3019081
Sostenitori: Prof. Paul Ehrlich, Jane Goodall, Susan Hampshire, Prof. Aubrey Manning, Prof. Norman Myers, Sara Parkin, Jonathon Porritt, Prof. Chris Rapley, Sir CrispinTickell

Informativa di David Nicholson Lord, maggio 2007

Traduzione italiana di Aldo Carpanelli
Versione originale inglese: http://www.optimumpopulation.org/opt.sub.briefing.climate.population.May07.pdf

Copyright 2000 - 2004 Miro International Pty Ltd. All rights reserved.
Mambo is Free Software released under the GNU/GPL License.

sovrappopolazione, demografia, fame nel mondo, carestie, epidemie, inquinamento, riscaldamento globale, erosione del suolo, immigrazione, globalizzazione, esaurimento delle risorse, popolazione, crisi idrica, guerra, guerre, consumo, consumismo