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Messaggio di Luigi De Marchi al I Congresso di Rientrodolce Stampa E-mail

Luigi De Marchi *

Presidente, Società Italiana di Psicologia Politica

Esplosione demografica: la tragedia rimossa

Messaggio al Congresso di “Rientro Dolce” – Torino, 18-19 marzo 2006

Cari amici, prima d’iniziare questo breve messaggio al vostro Congresso vorrei sgombrare il campo da un’accusa pretestuosa che talvolta mi viene mossa: quella d’essere autoreferenziale. La cosa non è dovuta a un vizio narcisistico, come può sembrare a prima vista, ma a due motivi ben precisi: 1) la necessità di contrastare l’imbavagliamento e la rimozione che l’informazione e la cultura di regime hanno imposto al mio pensiero per quasi mezzo secolo; 2) l’impossibilità, in molti casi, di citare altri autori perché, su certi temi, sono stato il primo e l’unico (proprio per il conformismo imperante nel mondo accademico e culturale) ad assumere determinate posizioni od a formulare determinate analisi e proposte. L’autoreferenzialità, insomma, è inevitabile per chi, come ho fatto io con la psicopolitica, ha fondato un metodo innovativo.    
  Ciò detto, voglio anzitutto esprimervi la mia commozione, gratitudine e solidarietà per la battaglia contro la minaccia demografica che state generosamente tentando di rilanciare e che, come sapete, è da oltre mezzo secolo un impegno cruciale della mia vita di ricercatore e operatore sociale. Schiller diceva che “la voce della verità è sommessa e insistente” e questo tenace riaffioramento del tema demografico nelle coscienze contemporanee mi sembra confermare quelle sue profetiche parole.
    Voglio inoltre esprimervi la mia gioia profonda per il ritorno di Marco Pannella a questa lotta che ci vide fianco a fianco negli anni ’60 (basterà ricordare la nostra “storica” manifestazione comune del ’68 in Piazza S. Pietro e le sue risonanze planetarie) ed assicurare a Marco che, contrariamente a quanto egli sembrava credere in una recente intervista con Bordin, non ho mai lontanamente pensato ad ottenere il disinnesco della bomba demografica con “mezzi atroci”. Al contrario, uno dei miei massimi impegni è consistito nella ricerca di strumenti nuovi, efficaci e non coercitivi per realizzare quel disinnesco: una ricerca che, più di trent’anni fa, è approdata alla individuazione e validazione sperimentale di tali strumenti nella psicologia motivazionale e nelle sue applicazioni mass-mediatiche (da me sperimentate già nel ’75 con i fotoromanzi “La pillola”, “La trappola” e “Noi giovani” con Paola Pitagora, Paola Gassam, Ugo Pagliai e Mario Valdemarin e poi brillantemente sviluppate negli anni ‘90 da Bill Ryerson e dal suo Population Media Center). Del resto, anche in vari miei interventi su Radio Radicale nel corso degli ultimi 7-8 anni ho ripetutamente denunciato l’inaccettabilità morale e politica dei metodi coercitivi cinesi pur riconoscendo, come ha fatto di recente anche Pannella, che la catastrofe demografica sarebbe oggi anche peggiore se la Cina non fosse riuscita a bloccare la sua crescita demografica esplosiva. Semplicemente, mentre penso anch’io ad un “rientro dolce” della popolazione in dimensioni compatibili con la sopravvivenza del pianeta, non credo che il processo debba essere necessariamente lento. Anzi, penso che esso, data la natura incalzante e drammatica della questione demografica, dovrebbe essere veloce: e potrebbe esserlo anche a costi minimi, se venissero applicati gli strumenti mass-mediatici, come è stato dimostrato dagli esperimenti miei  e di Bill Ryerson.
    Infine, voglio richiamare la vostra attenzione sull’immenso potenziale critico e operativo della psicologia politica per la comprensione e la soluzione non solo della questione demografica e dei suoi terribili corollari (dalla fame alla sete, dalla miseria e disoccupazione di massa alle migrazioni disperate) ma di molte altre tragedie del nostro tempo, tra cui, in primo luogo, il fanatismo e il terrorismo. Guardiamo, per esempio, proprio all’incapacità degli ambienti politici e religiosi dominanti a capire la drammatica gravità del problema demografico.
     Questa generale incapacità, infatti, da un lato conferma l’impossibilità di comprendere i rispettivi atteggiamenti in un’ottica ideologica o economica, dato che si tratta di ambienti non solo diversi ma, spesso, ideologicamente od economicamente antagonisti  (di destra e di sinistra, cattolici e islamici, laici e confessionali, statalisti e liberisti). E dall’altro mi sembra legittimare la mia conclusione che la radice di questa bizzarra convergenza degli opposti va cercata in un sostrato psicologico comune, spesso inconscio, che “detta” ai vari gruppi, che si dicono e si credono arcinemici, posizioni identiche sulla questione demografica. Per dirla più semplicemente: come e perché è accaduto e continua ad accadere che, dinanzi  al fatto che siamo troppi, così evidente ad ogni persona di buon senso a Roma come a New York, a Rio come a Giakarta, a Karachi come al Cairo, le più diverse dirigenze politiche e religiose insistano ad ignorare il problema o addirittura a negarlo ? O anche: come è potuto e può accadere che, in nome d’un astratto amore per la vita e per l’infanzia o in nome della presunta superiorità delle proprie ricette di prosperità futura, si sia inflitto e s’infligga lo sterminio per fame, qui e ora, a 15 milioni di bambini ogni anno ?
     Certo, possiamo tentare di liquidare questi interrogativi inquietanti con la famosa battuta di Goethe: “La cosa più difficile di tutte è vedere coi nostri occhi quel che abbiamo sotto il naso”. Ma non li abbiamo affatto liquidati: ne abbiamo solo ribadito il carattere non logico, ma appunto psicologico, perché la celebre massima di Goethe racchiude sinteticamente in sé tutta la psicoanalisi o per lo meno il concetto psicoanalitico di rimozione: un meccanismo psichico scoperto da Freud che ci spinge a non vedere, anzi a rimuovere dalla coscienza ed a negare le realtà che ci turbano o ci costringono ad affrontare i nostri tabù.
     Sul piano logico, infatti, è perfettamente ovvio che nessun problema economico, sociale od ecologico può trovare una soluzione sostenibile se contiene una variabile in perenne espansione. Ma questa, incredibilmente, è stata la posizione di fatto assunta, dinanzi all’esplosione demografica del XX secolo, da quasi tutte le forze politiche e religiose dominanti, che hanno preteso di risolvere i problemi delle loro società ignorando del tutto la variabile demografica od opponendosi con ogni mezzo (dalla derisione all’imbavagliamento alla persecuzione penale) a chi, come me, tentava di segnalare la tremenda minaccia di quella variabile impazzita, che ho definito la “madre di tutte le tragedie odierne”: dalla fame alle guerre territoriali, dalla disoccupazione di massa alle migrazioni disperate, dalla desertificazione del pianeta all’incombente catastrofe energetica. Per avere un’idea dell’impatto spaventoso di questa variabile, cioè d’una popolazione del Terzo Mondo che è raddoppiata ogni vent’anni, basta applicarla all’Italia: che ne sarebbe del nostro paese  se, usciti  dalla seconda Guerra Mondiale, nel 1945, con 45 milioni di abitanti, fossimo diventati 90 milioni nel 65, 180 milioni nell’’85 e stessimo per diventare 360 milioni tra quattro anni ? Ci penserebbe Bertinotti, estendendo a 300 milioni di disoccupati i suoi provvidi programmi di lavori socialmente utili ? 
    Se invece analizziamo il problema dal punto di vista psicologico, la strana convergenza degli opposti diventa subito comprensibile, per non dire inevitabile. Come già Wilhelm Reich dimostrava nel 1934 con Psicologia di massa del fascismo per il dogmatismo fascista, e come hanno dimostrato le mie opere degli anni ‘50-’70 nei confronti di tutti i dogmatismi (di destra e di sinistra, politici e religiosi), la sessuofobia, e quindi l’incapacità ad affrontare con serenità e buon senso i temi ed i tabù sessuali, caratterizza appunto tutti questi dogmatismi per il semplice motivo che essa assicura, attraverso la repressione della sessualità naturale, le cariche energetiche necessarie a trasformare il dogmatismo in fanatismo e comunque a rendere rigido e intransigente il carattere dogmatico. E poiché affrontare il problema demografico significa affrontare con serenità anche i problemi della procreazione e della sessualità, è ben comprensibile che le maggiori resistenze, anzi le più violente opposizioni, siano venute in tutto il XX secolo dalle forze dogmatiche.
     Ma s’è trattato solo delle resistenze maggiori. Purtroppo, poiché i tabù sessuali hanno investito ed investono più o meno tutte le classi dirigenti, anche le forze laiche hanno dimostrato, in questo campo, molte timidezze e molti cedimenti dinanzi all’invadenza e alla prepotenza dei dogmatici: basta pensare al comportamento dei sedicenti laici nei paesi cattolici o in quelli musulmani. E in quest’ottica si spiega a mio parere anche il paradossale allineamento dei maestri del liberismo classico (quasi tutti bravi borghesi bene incistati nel mondo accademico) ai loro “arcinemici” del dogmatismo politico e religioso, in materia demografica.
     Questa paradossale convergenza di forze politiche tanto diverse e antagoniste dal punto di vista ideologico mi sembra davvero una prova inconfutabile della tesi che sostengo da decenni: e cioè che è impossibile capire e modificare i comportamenti folli delle dirigenze politiche senza ricorrere agli strumenti della psicologia politica.
     Riprendere con tutti questi signori la diatriba sulla gravità o meno della questione demografica sembra davvero inutile. Come hanno cercato di negarla in passato sciorinando le meraviglie dei loro programmi salvifici di palingenesi economica, politica o religiosa (di cui abbiamo avuto modo di verificare gli esiti catastrofici), così oggi la negano segnalando il modesto declino della fertilità nel Terzo Mondo. Ma tacciono due verità essenziali: la prima è che questo declino non è avvenuto per merito loro, ma nonostante la loro caparbia opposizione e per un processo di faticosa e spontanea maturazione culturale dei loro popoli; la seconda verità è che il disastro da loro irresponsabilmente prodotto con i loro dogmatismi o con la loro inerzia politica è ormai in atto e sta alla basse di molte tragedie contemporanee citate all’inizio e dell’ormai incombente crisi energetica planetaria. Per dimostrarlo basta ricordare che, se avesse un quinto della sua odierna popolazione, l’Italia sarebbe del tutto indipendente dalle importazioni energetiche e provvedrebbe al proprio fabbisogno con l’energia idroelettrica ed altre fonti rinnovabili e non inquinanti. Per quanto riguarda l’Italia, siamo alla “comica finale”: la scena politica italiana continua ad essere dominata dalle solite due chiese (la clericale e la marxista) che pretendono di insegnare  come si possa rimediare al disastro demografico da esse stesse scatenato. Ed a questa grottesca pretesa ne aggiungono un’altra: quella di gabbare l’alluvione immigratoria (onda d’urto dell’esplosione demografica) come una vera manna che servirà, come si dice, ad assicurare manodopera ai servizi che gli italiani rifiutano e provvidenziali tamponamenti al nostro deficit previdenziale.
     Insomma, come hanno negato per decenni la gravità della minaccia demografica e dei suoi atroci corollari, così oggi i soliti “cervelloni” delle due chiese negano che l’odierna, caotica immigrazione di massa possa minacciare, come anche Ryerson sostiene,  la sopravvivenza stessa della civiltà europea e della democrazia liberale.
    Pronti a strillare come aquile se un pedofilo molesta un bambino o una bambina e pronti a plaudire alla sentenza dei parrucconi della Cassazione che rifila la galera al padre italiano che appioppa un ceffone o uno scapellotto al figlio, i nostri radical- e solidal-chic non sembrano voler o saper vedere i danni devastanti che comporterà l’immissione caotica di milioni e milioni di disperati, provenienti da culture biecamente maschiliste, misogine, antidemocratiche, antioccidentali, clericalizzate e governate dalla legge del taglione in una società che sta solo ora, e faticosamente, cercando di assicurare alle sue donne, ai suoi bambini e in genere a tutti i suoi cittadini i fondamentali diritti umani. Qualcuno di loro crede così di risolvere i problemi tragici del Terzo Mondo, mentre altri credono di assicurarsi molti suffragi in più promettendo il diritto di voto agli immigrati. Ma sono due calcoli del tutto sballati.
    Il mare delle sofferenze e delle conflittualità del Terzo Mondo non può di certo essere prosciugato col cucchiaino dei visti immigratori. Oggi i buonisti si battono per consentire l’ingresso a qualche altro milione d’immigrati in Europa. Ma essi non sanno o fanno finta di non sapere che, proprio grazie all’esplosione demografica, solo nei prossimi dieci anni 220 milioni di giovani in cerca di lavoro si affacceranno alla sponda meridionale del Mediterraneo, per non parlare della pressione immigratoria proveniente dal Medio Oriente, dall’Africa e dai paesi ex-comunisti.
    Quanto al calcolo elettorale esso trascura (con buona pace della conclamata fede nei valori democratici) il dato concordemente segnalato da tutti i sondaggi d’opinione: e cioè che la popolazione italiana è in larga maggioranza (dal 60 all’80%) ostile a nuovi massicci flussi immigratori. Ciò significa che, per ogni voto d’immigrato eventualmente acquisito in un futuro tutt’altro che immediato, i nostri buonisti finiscono per perdere oggi due o tre voti di elettori italiani.
    Ma soprattutto, questi buonisti non capiscono o fanno finta di non capire che stanno preparando in Italia e nel resto d’Europa, com’è avvenuto in Austria, in Francia, in Olanda e ora in Danimarca, la forte crescita di quelle concezioni razziste e neo-fasciste che, a parole, dicono di voler combattere. E’ infatti evidente che in popolazioni già tanto esasperate dall’alluvione immigratoria, quelle concezioni troveranno nei prossimi anni (e già stanno trovando) ascolto e favore sempre più estesi.  
    Quando si indica nella globalizzazione un fattore primario dello sfruttamento del lavoro, e del lavoro minorile in particolare, nel Terzo Mondo, si finge di non sapere o di non capire che pure il lavoro è un bene scambiabile e che, quindi, il suo valore e il suo prezzo calano inevitabilmente là dove esso è più sovrabbondante. Ma questa sovrabbondanza, che porta milioni di adulti e di bambini del Terzo Mondo a lavorare anche 10 o 12 ore al giorno per un Euro o due pur di scampare alla morte per fame, è il prodotto della sovrappopolazione (e quindi della sovrabbondanza di braccia) non certo della globalizzazione. Discutere dei pro e dei contro della globalizzazione senza mai considerare il fattore demografico significa, ancora una volta, glissare per opportunismo sul nocciolo della questione.
    Quanto all’immigrazione che preme oggi alle porte dell’Italia e di tutto l’Occidente avanzato creando problemi drammatici d’integrazione, anche se nessuno mai lo dice essa è solo la prima onda d’urto dell’esplosione demografica che s’è abbattuta sul Terzo Mondo grazie ai buoni uffici congiunti del dogmatismo vaticano e islamico, nazionalista e comunista e che può travolgere la civiltà occidentale, ultima zattera di libertà in un mondo dominato da tirannìe sanguinarie.
    Spero di aver saputo qui evidenziare, sia pur sommariamente, il legame profondo e indissolubile che collega la tragedia demografica ai massimi problemi del nostro tempo. Purtroppo, finora questi problemi sono stati sempre e continuano ad essere discussi rimuovendo accuratamente ogni riferimento ed ogni connessione alle loro basilari cause o concause demografiche. E questa rimozione può finalmente spiegarci perché essi non siano mai stati risolti né avviati a soluzione.  
  
* Psicologo clinico e sociale, politologo, autore di numerose opere pubblicate in Europa e in America, Luigi De Marchi è stato protagonista di varie battaglie per i diritti civili e contro la sovrappopolazione. Già Segretario Nazionale dell’AIED per vent’anni, ha fondato e diretto in Italia le Scuole psicoterapeutiche di Reich, Lowen e Rogers, ha ideato una nuova teoria della nevrosi e della cultura e attualmente dirige a Roma l’Istituto di Psicologia Esistenziale Umanistica (tel. 06.44247021;  329.1111601)
Opere di Luigi De Marchi:

Sesso e civiltà, Laterza, Bari, 1960; Sociologia del sesso, Laterza, Bari, 1963; Wilhelm Reich, Biografia di un’Idea, Sugarco, 1970; Psicopolitica, Sugarco, 1976; Scimmietta ti amo, Longanesi, 1984 (ed. aggiornata e ampliata, Lo shock primario – Le radici del fanatismo da Neandertal alle Torri Gemelle, Rai-Eri, Roma, 2002); Poesia del Desiderio – Introduzione all’educazione sessuale umanistica,  La Nuova Italia, Firenze, 1992; Il Manifesto dei Liberisti, Seam, Roma, 1995;  O noi o loro! - Produttori contro Burocrati: ecco la vera lotta di classe della Rivoluzione Liberale, Bietti, Milano, 2002; Il Solista, Edizioni Interculturali, Roma, 2003.

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