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Scetticismo contro scetticismo
 
di Luca Pardi
 
Fa piacere vedere che in casa radicale si riparla finalmente di ambiente senza peli sulla lingua. Il botta e risposta fra Bacchi e Vecellio sulla questione Gore sì Gore no, mostra, ancora una volta, la grande capacità di dibattito presente fra i radicali. Mi permetto di insermi anche io. Siccome si è accennato alla questione climatica partiamo da questa, in seguito, e prima del congresso, mi propongo di dare contributi per altri, e forse più rilevanti aspetti, dei vari problemi posti dall’impetuosa crescita del numero e dei consumi della nostra specie su questo pianeta.
 
Parliamo di anidride carbonica. Negli ultimi 600.000 anni, e fino al periodo precedente la rivoluzione industriale, il livello di anidride carbonica ha oscillato fra 200 e 300 parti per milione (ppm) [1]. Oggi dopo due secoli di uso dei combustibili fossili: carbone, petrolio e gas, il livello è di 380 ppm. Un 27% in più rispetto al livello massimo in assenza di emissioni umane. La situazione è simile a quella che si presenta ad un individuo con un parametro fuori norma nelle analisi del sangue. A seconda del parametro è giusto preoccuparsi. La CO2 è un parametro importante per il clima. Non è un male in se, ma osservando la tendenza, che nessuno nega, all’aumento della temperatura media, è naturale chiedersi quanto di questo aumento sia dovuto all’azione dell’uomo e quanti problemi possa porre. Di fronte a questo gli scienziati hanno gia dato una risposta forse non unanime ma larghissimamente maggioritaria. La realtà della forzante umana è un fatto condiviso dalla stragrande maggioranza dei climatologi. Non ci si deve vergognare ad ammettere che anche la scienza, a volte, volta pagina. E’ successo, in grande, con Copernico, succede adesso in tanti altri campi. Il presunto dibattito sulla ‘forzante umana’ sul clima, somiglia a quello sulla teoria dell’evoluzione, la quasi totalità dei biologi si dichiara evoluzionista mentre tre o quattro eccentrici fanno un po’ di polemica negandola, presentando i diversi punti di vista degli evoluzionisti come altrettante prove delle falsità del darwinismo.
 
Potremmo anche convenire, al limite, che il macchinario normativo del protocollo di Kyoto sia quantomeno insufficiente per affrontare il problema dei cambiamenti climatici, ma da qui a stabilire che l’allarme lanciato da più parti sia il solito ‘al lupo al lupo’ ci corre. La verità è che il lupo è ben visibile, non è più da tempo un’ombra, e va affrontato. Il lupo del global warming si sta mangiando i ghiacci perenni dei poli e dei ghiacciai alpini. Ha fatto aumentare i fenomeni atmosferici estremi, ha ridotto la produttività dei suoli agricoli (in combinazione con le pratiche dell’agricoltura industriale), sta determinando fenomeni di portata preoccupante. Se poi essere preoccupati deve essere immediatamente bollato come atteggiamento ideologico, va bene, sopporteremo anche questo fardello.
 
Oltre alle giuste questioni sollevate da Vecellio vale la pena di ricordare inoltre che non solo Al Gore, ma anche Blair, uno della ‘nostra’ triade, si è differenziato dalle posizioni dell’amministrazione americana sulla questione climatica e, con il governatore della California Schwarzenegger, ha lanciato nel luglio scorso un progetto per la riduzione delle emissioni di gas alteranti del clima. Sarà forse che anche Tony diventa un demagogo quando parla di clima?
 
Veniamo a Lomborg. Non so quanti di noi abbiano letto per intero l’ambientalista scettico. Personalmente, vincendo la noia mortale che suscita quell’opera, l’ho fatto. In alcune parti del libro, quelle sulle quali mi riconosco assolutamente incompetente, ho anche creduto di imparare qualcosa. Nelle parti in cui mi considero tecnicamente preparato, invece, ho rilevato una metodologia sospetta: si riporta tutti i dati favorevoli alla tesi precostituita della sostanziale natura demagogica degli allarmi ambientalisti, e si dimentica tutti quelli che la avvalorano.
 
Lo scetticismo non è appannaggio dei negazionisti. Anche noi ecologisti di area radicale siamo scettici su molte cose. Per esempio, pur essendo favorevoli al libero mercato, siamo scettici sul fatto che le regole del libero mercato (ammesso che esso esista e non sia un’astrazione buona per le lezioni della Prof. Kostoris Padoa Schioppa) siano in grado di regolare tutti i problemi determinati dall’attività umana, o che, un sostituto del petrolio debba necessariamente prodursi in virtù del meccanismo dei prezzi. Pur essendo dei fautori delle nuove tecnologie siamo scettici sulla possibilità di risolvere tutti i problemi grazie a qualche soluzione tecnologica. Ad esempio, a noi il sequestro dell’anidride carbonica in formazioni geologiche profonde appare altrettanto improbabile della colonizzazione dei pianeti extraterrestri. Siamo scettici sull’economia all’idrogeno. Siamo scettici sull’entità delle riserve petrolifere e di uranio dichiarate. Siamo scettici sulla possibilità di continuare a consumare terreno agricolo per far posto a villettopoli, centri commerciali, autostrade e zone industriali. Siamo scettici sulla capacità degli ecosistemi terrestri di assorbire indefinitamente i cascami del metabolismo socio-economico di 6, 7 ,10 miliardi di persone in continua crescita materiale. Siamo scettici sull’attesa messianica della ‘naturale’ riduzione del tasso di crescita demografica indotta dal benessere. E siamo scettici sulla ‘naturale’ dematerializzazione dell’economia. Insomma siamo ambientalisti scettici anche noi. Scetticismo contro scetticismo, pari e patta.
 
Luca Pardi
 
[1] ppm. Unità di misura usata per indicare livelli relativamente bassi di concentrazione di un dato composto o elemento. Dire che la concentrazione di CO2 in atmosfera è di 320 ppm in volume significa dire che, in media, in un litro della miscela di gas che compongono l’atmosfera, (prevalentemente azoto e ossigeno) 320 milionesimi di litro sono costituiti da CO2.
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