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"I vantaggi del declino demografico" di Luigi De Marchi Stampa E-mail

Radio Radicale, 24.03.2006

I vantaggi del declino demografico

Da qualche anno la nostra classe politica, atterrita dall’esplosione demografica e dalle migrazioni di massa che ha concorso a scatenare nel Terzo Mondo allineandosi servilmente ai dogmi pronatalisti del Vaticano, tenta di porre rimedio alla sua storica stoltezza moltiplicando le leggi finalizzate ad incentivare in Italia un rilancio della natalità destinato, nell’ottica aberrante dei legislatori, a controbilanciare la debordante prolificità terzomondista. Ma se, nel campo della logica formale, due negazioni equivalgono a un’affermazione, in campo politico una doppia scemenza non equivale alla saggezza ma all’imbecillità conclamata.

Così quando Marco Pannella ha criticato, nei giorni scorsi, questo ritorno agli incentivi fascistoidi della natalità, più d’un intelligentone della cultura clerical-liberista ne ha riso a crepapelle. Ma, come dicevano gli antichi, “il riso abbonda sulle labbra degli stolti”. Risibile, semmai, è la pretesa dei nostri politici pressappochisti e tappabuchisti di controbilanciare la pressione immigratoria terzomondista con le leggi pronataliste. Risibile non solo perchè i disperati che migrano in Italia dal Terzo Mondo non lo fanno di certo in considerazione della nostra bassa natalità ma soprattutto per-chè queste misure pro-nataliste sono notoriamente inefficaci.

In realtà, come ricordava di recente l’”Economist”, la riduzione d’una popolazione non è affatto un fenomeno intrinsecamente negativo. Vediamo comunque i termini del calo demografico in atto in alcuni paesi europei. Ben nota, per esempio, è la riduzione della popolazione di vari paesi dell’Europa Orientale. La popolazione russa, in base alle previsioni più recenti, calerà d’oltre un quinto nei prossimi 40 anni e quella Ucraina addirittura del 43%. Quella giapponese sta cominciando a calare e quella dell’Italia e della Germania starebbe calando da tempo se la riduzione non venisse compensata dagli immigrati.

Ma perché, dunque, la paura del calo demografico è tanto diffusa ? Certo, una causa va cercata anche nell’allineamento servile delle scienze demografiche europee agli atteggiamenti pro-natalisti delle dirigenze politiche e religiose. Ma questa risposta si limita a spostare la domanda dalla demografia alla politica e alla religione. Sul piano politico, oltre al servilismo di troppi politici nei confronti della chiesa, va tenuto pre-sente che nella riduzione della popolazione si vede il rischio d’una simmetrica riduzione del mercato nazionale, del Prodotto Interno Lordo (PIL) e, col PIL, della propria influenza geo-politica e militare. Ma sono timori largamente infondati. Mentre, sul piano economico, le dimensioni modeste della popolazione inglese non hanno di certo ridotto il peso politico della Gran Bretagna nell’ultimo secolo, sul piano militare il caso d’Israele mi sembra emblematico: un paese con 7 milioni di abitanti tiene in scacco da mezzo secolo una coalizione di un miliardo e mezzo d’islamici bramosi di distruggerlo ed ha già sonoramente sconfitto sul campo due paesi, l’Egitto e la Siria, che contano rispettivamente oltre 50 ed oltre 20 milioni di abitanti.

Ma poi, ai fini del benessere individuale, l’andamento del PIL globale non ha nessuna importanza: ciò che conta è il reddito pro-capite. Così, in un paese come la vecchia Cecoslovacchia, ove il PIL globale cala, perché una sua regione (nella fattispecie la Slovacchia) si autonomizza e realizza l’indipendentza, il reddito pro-capite della patria originaria (nella fattispecie la Repubblica Ceka) può crescere perché la popolazione realizza un forte sviluppo socio-economico e, con esso, una migliore produttività e un forte incremento dei salari reali o perchè, nel caso del tanto lamentato invecchiamento della popolazione, la molto maggiore longevità consente a una quota notevole di lavoratori di restare in servizio per una decina d’anni di più conservando i salari ottimali degli ultimi anni anziché defluire tra i pensionati, cioè tra i cittadini a basso reddito pro-capite ed a produttività nulla.

La riduzione della popolazione ha, soprattutto in Europa, altri vantaggi chiari e indiscutibili. Sul piano economico, la dipendenza energetica dai paesi islamici e la crisi energetica in generale che incombe su tutto il continente da quando i tre miliardi di cinesi e indiani stanno diventando grandi consumatori d’energia, non possono che ridimensionarsi. Come ho detto in altre occasioni, se l’Italia avesse un quinto della sua popolazione, potrebbe coprire quasi tutto il suo fabbisogno energetico con energie rinnovabili e non inquinanti, come quella idroelettrica. Sul piano ecologico, con buona pace dei nostri sedicenti verdi che di popolazione non parlano mai, calerebbe la pressione antropica sul territorio, la congestione del traffico, l’inquinamento dell’aria e delle acque.

Tutto questo, però, è possibile solo se il clima sociale dei paesi europei non viene compromesso (come sta accadendo in misura crescente) da un’immigrazione alluvionale che abbassa i salari dei lavoratori locali, rallenta la modernizzazione tecnologica e crea sacche crescenti di povertà e di conflittualità politico-religiosa.

Che cosa possiamo dunque fare in questa situazione drammatica ? A mio parere, non ha alcun senso tentare di modificare la posizione dei cosiddetti luminari della demografia accademica (vivente, anzi moribonda conferma delle mie tesi sulla diffusa inettitudine e viltà del mondo accademico, in quanto mondo burocratico). L’unica speranza di vittoria nella battaglia contro la demagogia demografica sta nell’aggirare le resistenze e le menzogne dei cosiddetti esperti e dei loro burattinai politicoreligiosi, parlando direttamente alla gente. Del resto, è quanto abbiamo fatto con successo in Italia ove, nonostante il menzognero bombardamento delle dirigenze, la gente ha saputo ascoltare la nostra voce, per quanto soffocata e imbavagliata, che coincideva d’altronde con la voce della sua coscienza e del suo buon senso, ed ha drasticamente limitato la sua prolificità. Ed ha saputo ascoltarla non solo nel campo della natalità, ma anche in quello del divorzio e dell’assistenza abortiva e contraccettiva. E’ su questa diffusa percezione popolare della realtà, che trascende le stupidaggini delle dirigenze politiche, religiose e specialistiche responsabili del disastro attuale, che possiamo e dobbiamo contare.

Luigi De Marchi

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