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A Francesco Merlo: modernità, modernismo e modernariato fra TAV e ponte sullo stretto Stampa E-mail

Egregio giornalista,

Più volte, nel corso di Suoi interventi su Radio3 e su Radio radicale, Lei si è lamentato dell'inerzia della nostra nazione a dotarsi di strutture moderne e all'avanguardia. Due progetti emblematici, il TAV e il ponte sullo stretto, da più parti vengono invocati come simboli e portatori di questa modernità che mancherebbe all'Italia, come anche Lei sostiene. Invece io ho la sensazione che molti invocano questi due progetti quasi come esorcismi e opere taumaturgiche, attraverso le quali la nazione si dovrebbe riscattare. Raramente però si entra negli aspetti tecnici delle opere, neanche in quelli macroscopici, facilmente accessibili e valutabili; quanto poi ai costi e ai conti economici, un mal compreso invito di Keynes a scavare inutili buche in tempi di crisi economica offre un motivo nell'astenersi dalla valutazione dei costi/benefici.

Ad esempio, riguardo al ponte sullo stretto, mi permetto di farLe osservare un aspetto ingegneristico di non poco conto. Infatti su wikipedia leggo:

"La campata record del ponte italiano supererebbe quindi del 65,74% la più lunga luce, solo stradale, mai realizzata finora, mentre rispetto al più grande ponte stradale e ferroviario fino ad ora realizzato essa comporterebbe un 'salto tecnico' più che doppio".

Si fa notare che quando si aumenta la lunghezza dimensionante di una struttura, il suo volume e quindi il suo peso aumentano all'incirca con il cubo di quella lunghezza. Occorre anche tenere presente le condizioni atmosferiche e geologiche dello stretto di Messina: i forti venti e i rischi sismici nell'area suggerirebbero prudenza, e di non procedere in un'opera che si configura come un azzardo. Penso che queste riflessioni siano alla portata anche di persone senza una specifica preparazione tecnico-ingegneristica.

Anche riguardo al progetto del TAV in Val Susa, le obiezioni e le evidenze contrarie all'opera sono ancora più decisive, ma la grande stampa non ne dà conto, si guarda bene dall'informare il grande pubblico. Spesso, parlando con piemontesi e torinesi, ho notato che molti di loro non sapevano che in Val Susa c'è già una linea ferroviaria, e che il raddoppio della linea è stato ultimato solo 30 anni fa. Inoltre, al di fuori degli abitanti della Val Susa, quasi nessuno sa che l'attuale linea, moderna ed efficiente, è ampiamente sottoutilizzata, e potrebbe trasportare fino a 4-5 volte l'attuale tonnellaggio. Tra l'altro il traffico merci lungo la linea è diminuito significativamente negli ultimi anni, passando da un picco di circa 10 milioni di tonnellate anno a circa 5. Dati e argomentazioni più dettagliate circa l'inutilità dell'opera sono stati elaborati proprio dai professori del politecnico di Torino e Milano; mentre i media di recente parlano addirittura di nuove BR che operano in valle, dando così un ulteriore esempio di giornalismo servile e vergognoso. E poi, un paese che letteralmente frana e che è sotto la minaccia di un'epocale eruzione del Vesuvio forse avrebbe altro a cui pensare, e mi spiace che anche Lei sia stato soggiogato dalle sirene di questo modernismo, contrario alla modernità e al buon governo del territorio.

Fra le grandi opere in cantiere e in costruzione abbiamo anche il Mose, i grattacieli , gli inceneritori, che stanno sorgendo un po' ovunque. Tra l'altro ci sono illustri architetti che progettano questi edifici, e Renzo Piano è in prima linea a Torino, dove molte imponenti costruzioni, di dubbio gusto, portano la sua firma. A Roma ha anche progettato l'auditorium che non brilla certo per qualità architettonica. Pertanto, contrariamente a quello che Lei sosteneva nella trasmissione di Radio radicale, i grandi architetti trovano eccome committenze qui in Italia, fin troppo, purtroppo. Anzi c'è quasi una corsa ad accaparrarsi l'archistar più di moda, con risultati pessimi. Le nostre amministrazioni sembrano comportarsi come quel signore un po' gagà che compra abiti griffati, spende tanto, e rimane comunque un po' ridicolo, un pezzo di modernariato; perché, come Lei ben sa, non è solo la qualità degli abiti o degli architetti che determinano l'eleganza di una persona o di una città, più importanti sono le qualità intrinseche delle persone e la buona amministrazione.

Comunque, la puntata di domenica scorsa su Radio radicale, http://www.radioradicale.it/scheda/391272/fatto-in-italia, dove Lei ha dialogato con Oliviero Toscani e Gian Antonio Stella, riguardava l'impatto delle grandi navi da crociera nella laguna di Venezia: se era giusto o meno permettere il passaggio. La questione di per sé non mi interessa più di tanto, mentre mi ha fatto riflettere sulla nostra società contemporanea che non riesce a creare architetture, territori e paesaggi urbani alternativi, di qualità; ed è sempre costretta a riferirsi e a rincorrere il passato. E' come se, per le loro performance, i gruppi rock e pop reclamassero la Scala e il Metropolitan, o viceversa, le orchestre classiche reclamassero gli stadi e i palasport. Mentre fortunatamente in campo musicale ognuno suona a casa propria. Chiaro, eccezioni e contaminazioni ce ne sono, ma non fanno storia.

Un cordiale saluto, Mario Marchitti

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