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L’atteso World Energy Outlook dell’Agenzia Internazionale per l’Energia. Stampa E-mail

L’atteso World Energy Outlook dell’Agenzia Internazionale per l’Energia.

Luca Pardi

Un noto commentatore della scena energetica mondiale [1] ha definito l’ultimo (e lungamente atteso) rapporto dell’Agenzia Internazionale per L’Energia [2], come il prodotto di una doppia anima tipo Doctor Jekyll e Mr Hyde. Un’anima catastrofista e un’anima compiacente (con il potere politico). La lettura del cosiddetto sommario esecutivo [3] lascia esterrefatti per il tono di estrema urgenza con cui si affrontano i problemi dell’attuale scena energetica e, sorprendentemente, anche in relazione al tema, a dire il vero ormai inflazionato, delle emissioni di gas serra. Il vero e proprio rapporto, al contrario, non sembra conseguente nè in fase di analisi nè in fase programmatica.

L’aspetto che colpisce maggiormente chi da anni si sgola per far comprendere il significato e le conseguenze del picco globale della produzione petrolifera, è l’ammissione da parte dell’AIE dello stato avanzato di esaurimento delle risorse petrolifere da cui è dipesa la crescita economica del secondo dopoguerra. Il linguaggio è chiaramente molto più paludato, ma quello che si evince dal rapporto è la seguente serie di fatti più o meno esplicitamente enumerati:

1) il petrolio è e resterà a lungo la principale risorsa energetica mondiale.

2) I bacini petroliferi che producono attualmente più dell’80% degli 85 milioni di barili al giorno necessari oggi nel mondo, andranno presto in declino permanente. Cioè in altri termini supereranno il picco. Si discute nell’ambiente se il tasso di esaurimento sia già a due cifre o sia ancora sotto il 10%/anno.

3) Il picco globale di tutti i liquidi (cioè di tutte le risorse che possono dare idrocarburi liquidi adatti alla raffinazione) non sarà raggiunto prima del 2030 se si faranno i necessari investimenti affinché entrino in produzione tutte le nuove risorse petrolifere per un totale di 64 milioni di barili al giorno, di cui 30 entro il 2015, che dovrebbero coprire l’aumento della domanda e il declino delle risorse convenzionali.

4) Tali “nuove” risorse sono nell’ordine:

a. il greggio proveniente da campi petroliferi non ancora sviluppati, ma gia scoperti

b. il greggio proveniente da campi petroliferi ancora da scoprire

c. il greggio recuperato con nuove tecnologie dai vecchi pozzi esauriti e in via di esaurimento (EOR o Enhanced Oil Recovery). E’ noto infatti che una percentuale compresa fra il 40 e il 60 % del petrolio resta nei pozzi esauriti

d. il petrolio non convenzionale in senso stretto, definizione con cui si sommano i cosiddetti oli pesanti, le sabbie e gli scisti bituminosi

e. infine ci si attende un continua crescita della produzione del cosiddetto Natural Gas Liquid (NGL) che gia oggi copre una percentuale importante della produzione di combustibili liquidi.

5) Affinchè tutto questo sia possibile l’AIE stima che siano necessari investimenti nell’upstream per 26.000 miliardi di dollari. 37 volte l’ammontare del cosiddetto piano di salvataggio finanziario del governo USA, il famoso Bailout Plan da 700 Miliardi di $ varato da Poulson.

6) L’AIE considera temporanea l’attuale crisi finanziaria, ma, data la necessità estrema di credito da parte delle aziende petrolifere, in grado di rallentare il processo di ricerca e sviluppo di nuove risorse.

7) Coerentemente con quanto detto ai punti 5 e 6 l’AIE prevede un prezzo del barile al 2030 di 200$.

Tutto questo fa capire che l’AIE considera la situazione estremamente critica. E’ infatti chiaro che dire che il picco non ci sarà prima del 2030 se saremo in grado di trovare 64 milioni di barili al giorno (di cui 30 nel prossimo lustro), ha la stessa forza tautologica di affermare: “non morirete di fame se troverete cibo”. Grazie. Il fatto è che le risorse elencate sono tali solo sulla carta e il livello di investimenti stimati mostra che esse non sono a buon mercato. Si verifica quindi quello che i meno ottimisti [4] dicono da anni: il picco del petrolio convenzionale segna non la fine del petrolio, ma la fine del petrolio e in genere dell’energia a buon mercato. Fra le righe di questo rapporto si comprende anche che la principale preoccupazione dei governi OCSE non è semplicemente una crisi energetica, ma una crisi da penuria di combustibili liquidi. Questo è quanto scriveva nel suo rapporto, sponsorizzato (ma non riconosciuto) dal governo USA, Robert Hirsh nel 2005 [5]. Tale rapporto si preoccupava di stimare il tempi necessari per rispondere efficacemente agli effetti negativi del picco sull’economica mondiale, concludendo che sarebbe stato necessario intervenire con un minimo di 20 anni di anticipo per avere una transizione non traumatica. Un costo economico elevato di estrazione corrisponde ad un costo elevato in termini fisici. Tale considerazione riporta al concetto di ritorno dell’investimento energetico e di energia netta. Per ottenere energia si deve spendere energia. Il rapporto fra energia ottenuta ed energia spesa, da la misura “fisica” della facilità di ottenimento di una data quantità di energia da una certa risorsa. Tale rapporto, noto come ERoEI (Energy Return on Energy Invested) è passato, per il petrolio, dal valore di 100 negli anni 30, a 30 negli anni 70, ad un valore compreso fra 10 e 18 negli anni 90 fino al valore di 3:1 attuale. Al diminure dell’ERoEI l’energia netta disponibile per la società decresce in modo logaritmico [si veda la figura all’URL:
http://www.theoildrum.com/files/peakoi32.jpg ]. Quando il valore di ERoEI di una risorsa raggiunge il valore di 1 tale risorsa non è più una sorgente, ma un distruttore di energia; è probabile che una parte non marginale delle risorse petrolifere presunte elencate nel rapporto AIE cadano proprio in quest’ultima categoria.

Cosa non va nel rapporto AIE? Molte cose, a partire dal modello su cui si basa [6]. L’analisi del World Energy Model [mostra che esso considera come esogene, cioè non determinate dal modello, numerose variabili, fra queste le principali sono: 1) la dinamica demografica 2) la crescita economica 3) il prezzo dei combustibili fossili e 4) lo sviluppo tecnologico. Ciascuna di queste variabili non è indipendente dall’energia disponibile e solo una cultura meccanicista e riduzionista (newtoniana) può immaginare di separare fattori che interagiscono naturalmente in cicli di rinforzo positivi e negativi. E’ evidente la distanza dei tecnici AIE da una visione olistica del mondo. Sintomatico invece che fra i politici in servizio (al servizio di chi poi si potrà discutere) questa agenzia sia considerata autorevole scientifica e obbiettiva nelle stime e nei giudizi.

[1] The 2008 IEA WEO - The Oil Drum Initial Review (Part 1 of a Series)
Posted by Nate Hagens on November 13, 2008

http://www.theoildrum.com/node/4735#more

[2] World Energy Outlook 2008 (WEO2008):
www.iea.org

[3] WEO2008 Executive Summary:
http://www.iea.org/Textbase/npsum/WEO2008SUM.pdf. Di questo documento è disponibile anche la versione italiana.

[4] Letteratura sterminata. Per documenti in italiano si veda il sito di ASPO-Italia e i blog ad esso correlati.

[5] Robert Hirsh et al. PEAKING OF WORLD OIL PRODUCTION. IMPACTS, MITIGATION, & RISK MANAGEMENT:
http://www.hilltoplancers.org/stories/hirsch0502.pdf

[6] The 2008 IEA WEO - The World Energy Model and Energy Demand:
http://www.theoildrum.com/node/4755#more

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