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Sintesi della relazione di Luca Mercalli al convegno di Rivoli (To) Stampa E-mail
Sintesi della relazione di Luca Mercalli al convegno di Rivoli (To) “Dallo sviluppo alla decrescita” organizzato da www.decrescita.it il 26 e 27 Maggio 2006

Le alterazioni climatiche sono un disastro annunciato che porterà all’innalzamento del livello del mare a causa dell’espansione termica dell’acqua degli oceani e dello scioglimento dei ghiacci.

Il clima e l’energia renderanno obbligato il percorso verso la decrescita, ed è auspicabile che la decrescita non diventi una moda , ma sia interiorizzata e tradotta in un modus vivendi, aderente a corrette “istruzioni per l’uso del pianeta”.

Dopo 4 milioni di anni di evoluzione degli ominidi e 200.000 anni di Homo Sapiens Sapiens, circa 8000 anni fa, all’inizio del neolitico, con una popolazione umana totale di 10 milioni di individui, appare l’agricoltura. Se l’uomo, prima, dopo la caccia e la raccolta si riposava, adesso si metteva nell’orto, passando da un utilizzo di energia da flusso a uno di energia da miniera. Tutti però sapevano che, se un albero ci mette 20 anni a ricrescere, si deve tagliare ogni anno solo un ventesimo del bosco disponibile. Questo si è dimenticato 200 anni fa, con la disponibilità di enormi quantità di energia a basso costo, quando è stato possibile riempire il frigorifero e la cantina. L’abbondanza ha indotto a bere e mangiare senza più ritegno ed è ovvio che in questo modo ci si ubriaca e si ingrassa, ma, se non si riforniscono, a un certo punto la quantità di cibo nel frigo e di vino in cantina comincia a calare e un ubriaco non se ne accorge.

Viene quindi mostrato il grafico delle temperature e della concentrazione di biossido di carbonio negli ultimi 400.000 anni. Si osservano periodi caldi ogni 100.000 anni, dovuti a oscillazioni dell’asse terrestre e a modifiche dell’orbita. Ci sono oscillazioni di temperatura media di 10 gradi tra i periodi glaciali e quelli interglaciali, a cui corrispondono perfettamente analoghe oscillazioni della CO2. A queste oscillazioni climatiche si provvedeva con il nomadismo, adesso l’inurbamento non lo permette più.

Le oscillazioni della CO2 negli ultimi 700.000 anni non hanno mai portato a punte superiori a 280 ppm, ora siamo a 380 ppm e non sappiamo cosa accadrà, perché non è mai avvenuto, nel periodo a cui si può risalire attraverso i carotaggi. Dovrebbe però essere, questo, un buon motivo per preoccuparsi, visto che abbiamo già perso, in solo 100 anni, la metà dei ghiacciai e, nel 2100, si prevede che resterà ghiaccio solo oltre i 3500 metri. E’ come quando si supera il livello di colesterolo nel sangue: non si sa se si avrà l’infarto e quando, ma non vi sono dubbi che è meglio mettersi a dieta.

Il protocollo di Kyoto non ha mai avuto l’obbiettivo di mettere rimedio all’eccesso di CO2, perché si dovrebbe ridurre del 70% il biossido emesso, ma intendeva almeno invertire la tendenza alla crescita, limitandosi a chiedere una riduzione di solo il 6%. Neppure questo modesto obbiettivo viene raggiunto. Negli USA, che emettono il 24% del totale do CO2, ogni persona emette 20 milioni di tonnellate di biossido l’anno e, a un certo punto, si pongono anche problemi etici, perché le variazioni di clima colpiranno anche coloro che non hanno colpa.

L’uomo, per vivere, ha bisogno di almeno 40.000 specie di animali a corredo, batteri, funghi. Con un incremento di temperatura, entro il 2100, di 1,5 – 6 gradi non è possibile prevedere cosa accadrà di queste specie. Raggiungere l’obiettivo di Kyoto, per quanto insufficiente, già significa cambiare completamente l’ottica e porsi come obiettivo politico quello di creare felicità e non business. Si deva allargare l’orizzonte di osservazione degli eventi, che, se limitato ad una finestra di 20 anni, non evidenzia tutte le conseguenze dei comportamenti in atto.

Gli economisti tendono a considerare il prezzo come corrispondente al valore d'uso di un bene, ma questo è sbagliato, per le risorse non rinnovabili, specie adesso, dopo anni di crescita incontrollata. La felicità non corrisponde alla quantità di beni disponibili. Dopo l’acquisto della prima Ferrari, il piacere per la seconda è minore e per la terza ancor più. Di questo tiene conto il diagramma di H. Daly sulla relazione tra felicità e consumi, che si può trovare in www.gsg.org. Al crescere dei consumi la felicità dapprima cresce rapidamente, poi lentamente, poi i consumi non influiscono più sulla felicità e, infine, la felicità cala con l’aumento della ricchezza. E’ necessario tornare ad una economia dello stato stazionario. Se osserviamo la natura vediamo che in ogni tempo ci sono stati milioni di specie e tutte vivevano insieme, senza che nessuna prendesse a lungo il predominio sulle altre.

Il protocollo di Kyoto, obbligando ad una stabilizzazione, ha un valore culturale che, se innescato con questa riduzione di solo il 6%, potrà creare una modifica dello stile di vita. Per ottenere questo si sarebbe dovuto iniziare, dopo la firma del trattato, un bombardamento massmediatico e una mobilitazione nazionale, ma non si è fatto. Ci si chiede: come mai in Italia, senza che cresca la popolazione e senza che cresca il PIL, il consumo di energia cresce del 3% l’anno. Significa che ognuno di noi usa più energia, ma quante volte al giorno ci si deve fare la doccia, per essere felici e rendere felici le società fornitrici di energia?

Solo con il risparmio energetico sarebbe possibile ridurre i consumi di energia del 40% e invece crescono, per far crescere gli utili dei produttori. Basti pensare che siamo il paese che beve più acqua minerale al mondo: 11 miliardi di litri, contenuti in 200 milioni di chili di plastica e trasportati a distanze notevoli, su e giù per la penisola. Basti pensare ai rifiuti, agli imballaggi nelle catene di ipermercati. Ridurli: questo sarebbe ciò che significano le parole “risparmio energetico”. Ma il pensarci potrebbe ledere potenti interessi economici, in campo energetico e agroalimentare, e non lo si fa.  Ridurre lo spreco significa ridurre il PIL, ma non il FIL (felicità interna lorda).

Sintesi di Guido Ferretti

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