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Michele Serra risponde a un lettore sulla sovrappopolazione Stampa E-mail
Dal "Venerdì di Repubblica" del 15 Maggio 2015, pag. 16

Caro Serra, se posso dire la mia, in merito ai grandi esodi in atto e futuri (che si prospettano ancora più massicci), secondo me il "problemone" è il mancato controllo delle nascite (complici religioni, nazionalismi, e fautori del "libero mercato dei liberi consumatori"). Tra poco saremo 10 miliardi e poi via, in modo esponenziale. E nessuno tra i commentatori si dichiarerà disposto a una qualsivoglia rinuncia. Trovo romantico ma ipocrita commuoversi per il povero rinoceronte di Giava o per lo sfruttamento intensivo-industriale del suolo, senza scegliere una politica coerente.
 
Bernardo Santini
 
Caro Santini, la sovrappopolazione del pianeta sembra un tema passato in second'ordine. La sua, se non sbaglio, è la prima o la seconda lettera che, in tanti anni, mi è arrivata sull'argomento. È come se quello non fosse un numero sul quale abbiamo facoltà di influire, ma una progressione scontata e illimitata: tanto è vero che si dice usualmente "tra x anni saremo tot miliardi, tra y anni tot miliardi", semplicemente proiettando in avanti l'attuale trend; tutti inchiodati al binario della dismisura.
Quando frequentavo l'Università (anni Settanta), il dibattito tra malthusiani e antimalthusiani (grosso modo tra fautori e nemici del controllo delle nascite) era piuttosto vivace. Contro la procreazione responsabile - bel concetto che ne contiene alcuni necessariamente più rudi: contraccezione, legalizzazione dell'aborto, leggi che scoraggino gli eccessi di fertilità - era ovviamente chi ritiene che la vita sia un dono di Dio e dunque non soggetta al nostro arbitrio; ma anche non poca sinistra, che riteneva "classista" imporre ai poveri limiti che i ricchi hanno facoltà di ignorare.
Io penso sia l'evidenza a suggerirci che la nostra presenza su Gea sta diventando soffocante; e questo malgrado ogni possibile e auspicabile progresso tecnologico, sanitario, alimentare. Se piano piano (ma non troppo piano) riuscissimo a far nostra una visione più olistica del pianeta, ovvero a ritenere homo sapiens un abitante notevole e prezioso della Terra, ma non unico e soprattutto non avulso da tutto il resto, potremmo valutare meglio il nostro ingombro, e capire che dobbiamo darci dei limiti anche procreativi. Altrimenti temo che saranno gli eventi catastrofici (guerre, epidemie, migrazioni dall'esito cruento) a ridurre il nostro numero.
A meno che Dio provveda, come parecchi confidano. Non faccio parte del novero e non mi resta che sperare nella ragione dell'uomo. Ma ci sono dei momenti che credere nell'uomo mi sembra ben più precario e fallace che credere in Dio.
  
Michele Serra
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